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Fabio Pranovi

ANALISI ECOLOGICA DEI BENI COLLETTIVI

FABIO PRANOVI, PROFESSORE ASSOCIATO PRESSO IL DIP. ENVIRONMENTAL SCIENCES, INFORMATICS AND STATISTICS - UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA / VENEZIA

La sostenibilità a lungo termine degli ecosistemi e dei servizi che essi generano dipendono dalla conservazione della biodiversità alle diverse scale spaziali (dalla micro a quella di paesaggio). Uno dei fattori che ha storicamente contribuito in maniera sostanziale a formare ma anche a diversificare il paesaggio è sicuramente l’agricoltura.

I paesaggi agricoli tradizionali sono spesso ricchi di specie, comprendono una grande varietà di habitat e di successioni ecologiche.L’intensificazione dell’agricoltura tuttavia, ha comportato una riduzione dell’area dedicata agli habitat seminaturali, come siepi e prati, l’aumento delle dimensioni dei campi e una generale semplificazione del paesaggio.

Effetti negativi dell’intensificazione agricola sono stati dimostrati per molti gruppi di organismi e servizi ecosistemici.Le attività ‘messe in campo' dall'agricoltura biologica sembrano in grado promuovere una riduzione degli impatti legati all'erosione/degradazione del suolo, tipici dell'agricoltura classica, favorendo invece alcuni processi ecologici che contribuiscono al mantenimento dei servizi ecosistemici.

L’analisi ha come scopo, quindi, di valutare la capacità delle aziende agricole biologiche di contribuire alla sostenibilità ambientale, confrontando la loro capacità delle stesse di preservare alcuni aspetti della biodiversità e del paesaggio. Per tenere conto delle interazioni tra diverse scale spaziali, si è operato a due livelli. La valutazione della biodiversità è stata effettuata a livello di microscala, andando ad analizzare la fauna a microartropodi del suolo; mentre l’analisi del paesaggio ha operato a livello di macroscala.

Per l’analisi del suolo si è applicato l’indice sintetico QBS (Qualità Biologica del Suolo), che consente la valutazione della biodiversità in termini standardizzati e facilmente confrontabili tra diverse condizioni. L’analisi a livello di paesaggio è stata invece effettuata mediante rilievo fotogrammetrico da drone, ricostruendo poi degli ortomosaici ad alta risoluzione, utilizzati come base per la creazione di mappe di uso del suolo, che sono poi state la base per la determinazione degli indici di diversità paesaggistica.

Licia Paglione

LA MISURA DEI LEGAMI

LICIA PAGLIONE, DOCENTE DI SOCIOLOGIA DELLE RELAZIONI UMANE - ISTITUTO UNIVERSITARIO SOPHIA / LOPPIANO FILIGINE E INCISA VALDARNO

E’ possibile osservare e misurare empiricamente il bene relazionale, nonostante la sua natura immateriale, attraverso approcci chxxe sappiano analizzare le relazioni e coglierne la qualità, elemento essenziale per distinguere il bene relazionale da altri tipi di relazione (ad esempio: strumentali, di potere).

Ciò richiede di osservare un certo fenomeno oggetto di studio dal punto di vista relazionale, ovvero come una struttura, una configurazione relazionale entro cui si attivano scelte individuali.

E tale osservazione diventa possibile avvalendosi - e questa è la prospettiva di osservazione utilizzata in questo lavoro - di due differenti, ma tra loro coerenti approcci che guardando alle relazioni nella loro componente strutturale (la reciprocità come struttura che emerge dall’agire reciproco) e nella loro componente individuale (legata alle motivazioni e alla logica che guida l’agire): la Social Network Analysis e il Paradigma del dono.

La prima offre un quadro teorico e metodologico per osservare le configurazioni relazioni ad esempio di un attore sociale individuale o collettivo; la seconda permette di qualificare le relazioni che compongono queste configurazioni a seconda del tipo di motivazione che guida l’agire individuale.

La compresenza di una configurazione relazionale strutturata secondo reciprocità e animata da scelte di azione a motivazioni tendenti prevalentemente a gratuità e libertà indica la presenza, entro una determinata rete sociale, di beni relazionali che possono essere, dunque, conteggiati e misurati, dando conto della misura di una componente immateriale ma scoperta come preziosa per l’essere umano come i legami sociali.

Rita Vianello

RELAZIONI UMANE E NUOVI MODELLI ECONOMICI: UN APPROCCIO ANTROPOLOGICO

RITA VIANELLO, DOCENTE DI ANTROPOLOGIA CULTURALE PRESSO IL DIPARTIMENTO DI STUDI UMANITICI, UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA / VENEZIA

Al fine di realizzare uno studio approfondito del bene relazionale e per l’osservazione e misurazione di questo particolare bene immateriale, è fondamentale affiancare alla raccolta di dati prettamente quantitativi anche un’analisi degli aspetti qualitativi di tale bene. Le diverse metodologie che caratterizzano le discipline demo-etno-antropologiche sono state adottate nel corso della ricerca per raccogliere quegli aspetti che sarebbero altrimenti potuti sfuggire ad un esame limitato all’aspetto quantitativo. Le caratteristiche tecniche di ricerca dell’etnografo che si sono scelte di applicare includono: l’osservazione partecipante, cioè l’osservazione e la conoscenza diretta dei luoghi e dei comportamenti dei contesti d’indagine, la conversazione con le persone sviluppata con diversi gradi di formalità, la raccolta delle storie di vita delle persone.

Le procedure legate all’impiego di questionari tendono ad essere più indirette e personali rispetto all’intervista. Per questi motivi l’impiego di interviste semi-strutturate, che pertanto lascino l’interlocutore libero nelle risposte senza però deviare dall’oggetto centrale dell’indagine, sono state lo strumento preferenziale per la conduzione della ricerca. Ci si è preferibilmente rivolti ad un unico interlocutore, in genere il proprietario dell’azienda agricola, che in questo caso può essere indicato come l’interlocutore privilegiato o l’informatore chiave, essendo questi la persona in grado di fornire le informazioni più complete ed utili ai fini della ricerca.

Seguendo il metodo dell’indagine antropologica, tutte le interviste sono state regolarmente registrate e in una fase successiva trascritte integralmente. Inoltre, sono state realizzate delle foto e dei filmati dei luoghi e delle persone, materiali che in seguito sono stati utilizzati per la realizzazione di un video-documentario etnografico secondo quanto indicato dalla metodologia dell’antropologia visiva. Infine, è stato utilizzato un altro strumento basilare della ricerca antropologica sul terreno: il diario di campo personale in cui si è annotato quanto non si ha avuto modo di registrare durante gli incontri con gli interlocutori.

Elena Granata

BENI RELAZIONIALI E RADICAMENTO NEI LUOGHI: UNA PROSPETTIVA TERRITORIALE

ELENA GRANATA, PROFESSORE ASSOCIATO DI URBANISTICA, POLITECNICO DI MILANO / MILANO

Gli individui non sono agenti isolati, ma vivono in gruppi, in famiglie, in comunità con le quali condividono tratti della vita. Un individuo interagisce prevalentemente con altri componenti delle specifiche cerchie sociali o reti sociali cui egli appartiene; la vita sociale è composta da persone intrinsecamente legate le une alle altre. Tale radicamento sociale degli individui e delle organizzazioni in reti di relazioni produce esiti di allargamento delle motivazioni, rispetto a finalità strettamente utilitaristiche, verso l’arricchimento delle relazioni sociali, con impreviste combinazioni di transazioni economiche e interazioni sociali (è il concetto di embeddedness definito da Granovetter).

Da un lato, il radicamento può essere definito come una caratteristica della struttura sociale che condiziona il comportamento degli individui (“radicati in” tali reti), d’altro canto, esso può essere letto come una risorsa che gli individui possono utilizzare, anche solo strumentalmente, per raggiungere i loro specifici obiettivi.

In questa prospettiva, le "risorse sociali" di un individuo sono, da un lato, il reticolo sociale nel quale si trova inserito e, dall’altro, quelle stesse risorse che l’individuo attraverso contatti diretti e indiretti riesce a mobilitare. Se spostiamo l’attenzione dal valore della quantità dei contatti di cui un individuo dispone alla qualità dei reticoli, che in qualche modo possiamo far coincidere con il capitale sociale o con la qualità dei beni relazionali che tali reticoli mettono a disposizione dell'individuo, possiamo meglio comprendere come la funzione svolta dai reticoli attenga sia ad un ambito strettamente strumentale (accesso ad informazioni, prestazioni, servizi) che anche ad uno non strumentale (appoggio emotivo, approvazione sociale, appoggio materiale, condivisione, solidarietà). Sono al contempo risorse economiche e risorse sociali.

APPROFONDIMENTO - ALLARGARE LO SGUARDO AI TERRITORI

Proviamo ora ad allargare ulteriormente la prospettiva: il radicamento non coincide solo con i reticoli interpersonali, ma è un processo che si svolge nel tempo e in contesti reali. Ha a che fare con i luoghi e i territori, esprime un’evidente e connaturata dimensione relazionale: esso può alludere al fatto che un evento, oppure una pratica, o ancora una iniziativa collettiva (nel caso in esame il distretto agricolo) possa “avere luogo”.

L'espressione radicamento è duplice. Descrive, in primo luogo, l’essere entro un network o il potere accedere a reticoli identitari e relazionali significativi, traendo da essi appoggi per l’azione.

Se letto in una prospettiva territoriale, il termine radicamento, allude a tutti quei processi che, a partire da tale insediamento, si innescano localmente, creando un percorso evolutivo diverso per i territori: quale la nascita di distretti economici locali, la moltiplicazione di servizi, la crescita di legami comunitari. Questi processi interessano, dunque, la dimensione fisica dello spazio, ma anche le dinamiche di ordine economico, le modalità delle relazioni sociali, la produzione di beni comuni.

Il radicamento è una “risorsa dinamica” che facilita l’azione, la mobilitazione, l’intrapresa degli individui e la loro cooperazione; la collocazione entro una rete densa di relazioni sociali è per l’individuo una funzione abilitante che consente alcune aperture all’azione altrimenti impensabili.